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Indipendenza? Sì! Ma come?

«Ci sposeremo quando avremo una casa, una macchina e stabilità economica» recita la battuta di una vignetta in cui sono ritratti due anziani all’altare.

Sicuramente molti giovani italiani si riconosceranno in questa situazione. I dati di disoccupazione e inattività giovanile (15-34 anni) in Italia sono preoccupanti: il primo si aggira intorno al 20%, mentre il secondo è attorno al 48%.
Perché la percentuale di occupazione in Italia è al di sotto di altri Paesi europei? Cosa sbagliano i giovani in Italia?

Bisognerebbe riflettere su alcuni fattori culturali ed economici.
Ormai frequentare l’università non è più per pochi ma la laurea sta diventando un requisito necessario per accedere al mondo del lavoro. Anche il master di primo e secondo livello sembrano essere indispensabili per l’accesso all’universo professionale. Anche una seconda laurea potrebbe avviare al meglio una carriera lavorativa. Ma quando si può iniziare a lavorare?
L’ampia gamma di indirizzi di studio e la richiesta sempre maggiore di profili specifici da parte delle aziende inducono gli studenti a protrarre i loro studi. È questo che il mercato del lavoro vuole? Dei giovani trentenni plurilaureati e senza esperienza?

Un altro aspetto culturale del nostro Paese è legato all’investimento a lungo termine in beni materiali. Ad esempio, accendere un mutuo per acquistare la casa di proprietà sembra essere il primo passo verso l’indipendenza per giovani e meno giovani. L’indipendenza è veramente investire in un appartamento che costringe a vivere in un luogo per tutta la vita? 
Forse questo tipo di impostazione data dalla società e dalla cultura italiane non lascia i giovani liberi di esprimersi, di definire la loro identità senza essere influenzati dalle presunte leggi del mercato del lavoro.
Chi prova ad esprimersi e a mettersi in gioco è avvantaggiato? Non proprio.
Infatti, i giovani che pensano di avere spirito imprenditoriale e abilità tecniche nel proprio ambito possono aprire la partita IVA e offrire le loro competenze sul mercato. 
Mettere in pratica il proprio spirito d’impresa non è molto semplice: bisogna innanzitutto occuparsi del personal branding, dunque comunicare bene la propria immagine per farsi conoscere, dare prova delle proprie competenze tramite la descrizione di precedenti esperienze professionali ed ultimo, ma non per importanza, curare le cosiddette hard skills. Conciliare tutte queste attività richiede tempo e impegno.
Il nostro Paese dà possibilità ai giovani intraprendenti? Non proprio.
Una formula fiscale onerosa come la partita IVA spesso disincentiva i giovani a creare il loro mestiere, il loro futuro.

È possibile che il desiderio di libertà coincida con questo senso di precarietà che alla lunga potrebbe logorare ma che, in una visione ottimistica, potrebbe essere lo stimolo per un vero rilancio nel raggiungimento di un’autentica indipendenza?

Fonte:
Istat. 2019. «Tasso di disoccupazione - dati mensili». [In Rete] https://bit.ly/2QC4VsN