I segni lasciati dalla pandemia li conosciamo tutti. Dai comportamenti sociali allo stop ai viaggi consumi e capacità produttiva, oggi, si stanno lentamente riprendendo.
L’economia globale è stata paralizzata per diverse settimane, ma con ogni probabilità il secondo semestre dell’anno sarà interessante dal punto di vista economico e finanziario, grazie alla combinazione di stimoli monetari e fiscali.
La ripresa che avverrà, avverrà con ogni probabilità, con velocità diverse. Al pari di quanto avvenuto con il ciclo dei contagi nel mondo, la ripresa sarà sequenziale e coinvolgerà diverse regioni in momenti diversi, sulla base del principio “first in, first out”, e questo dipenderà anche dall’ampiezza delle risposte politiche nei vari paesi.
Tra i temi che saranno importanti per il prossimo futuro, un ruolo rilevante, lo giocherà la geopolitica. Ci sono le elezioni presidenziali americane, il cui esito, sempre più aperto, influenzerà i rapporti tra Stati Uniti e Cina e, più in generale, il nuovo ordine geopolitico, con un' Europa alle prese, a sua volta, con Recovery Fund e Brexit.
C’è poi il tema di un consumo globale che è sotto pressione: l’entità e la durata della disoccupazione determineranno la resilienza dei consumatori, le cui condizioni in termini di stato patrimoniale e di capacità di rimborso del debito determinerà il tempo necessario per la ripresa.
La pandemia, infine, ha esacerbato i rischi di un’elevata leva finanziaria fra le imprese in un contesto di lenta generazione di utili; in una fase matura della crisi, si attendono livelli più elevati di fallimenti e chiusure, che si rifletteranno in tassi di default più alti.
Questo, congiuntamente al costo del denaro prossimo allo zero in molti paesi, rende gli investimenti obbligazionari in genere poco appetibili e con un rapporto rischio rendimento asimmetrico (ovvero, si rischia più di quello che si guadagna).
Ritengo sia preferibile, compatibilmente con il proprio profilo di rischio, fare focus sulla componente azionaria, privilegiando ingressi scaglionati nel tempo su settori tipicamente meno rischiosi e legati al ciclo economico, con preferenze su grandi aziende di tipo “value”, ampiamente dimenticate dagli investitori in questi anni.